Come Investire in Petrolio Oggi: La Guida Completa – 2022

Ancora oggi il petrolio ha un ruolo centrale nell’economia mondiale e viene massicciamente utilizzato nei trasporti, nel riscaldamento, nell’illuminazione e nella produzione di energia, plastica e asfalto.

Anche se i modelli di business delle imprese stanno tentando di prendere le distanze dalla dipendenza dal greggio a causa della sostenibilità di utilizzo nel lungo periodo (non essendo infinito), delle conseguenze sul cambiamento climatico e dell’inquinamento, la strada da percorre per arrivare ad una economia che non si basi sul petrolio è ancora molto lunga.

Di seguito spiegheremo nel dettaglio tutto ciò che è necessario sapere per investire in Borsa su questa materia prima; in particolare vedremo:

  • Quanto conviene investire sul petrolio al giorno d’oggi
  • Chi ha il potere di influenzare il costo (o meglio, il prezzo) del petrolio
  • Passato, presente e futuro del mercato petrolifero
  • Come investire online sul petrolio tramite i CFD, gli ETF e i titoli azionari legati al greggio

CONVIENE INVESTIRE NEL PETROLIO?

Il petrolio è una materia prima (“commodity”) di origine naturale risiedente sotto la superficie terrestre in forma di liquido viscoso. Nel suo stato puro, ovvero appena estratto, il petrolio viene definito greggio o grezzo (crude oil).

Successivamente, quest’ultimo viene elaborato e raffinato tramite processi chimico-industriali così da ottenere svariati prodotti di uso quotidiano come plastiche, pesticidi e fonti di energia.

Si stima che nel 2019 quotidianamente (in tutta la produzione globale) sono stati utilizzati ben 95 milioni di barili di petrolio: è evidente che oggigiorno sia ancora fondamentale osservare la sua produzione per trarre conclusioni circa l’andamento dell’economia mondiale.

Per poter confezionare i barili c’è innanzitutto bisogno delle perforazioni del suolo in territori ricchi di giacimenti di petrolio. In secondo luogo, seguono le fasi di estrazione e trasporto.

Le economie di Stati come l’Iraq, l’Iran, l’Arabia Saudita, il Venezuela, la Russia e gli USA sono fortemente dipendenti dall’andamento del prezzo del greggio, in quanto dotati di importanti quantitativi di questa materia prima.

Oltre a ciò, la commodity è stata la linfa vitale di tutte le nazioni industrializzate per più di un secolo e il valore del petrolio è tuttora visto come indicatore cruciale della reale salute del sistema economico mondiale.

Tuttavia, per capire se conviene investire nel petrolio oggi è necessario comprendere cosa (ma soprattutto chi) influenza il valore del greggio sui mercati finanziari: l’OPEC.

L’OPEC: IL CARTELLO DEL PETROLIO

L’OPEC, ovvero l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, rappresenta un vero e proprio cartello per l’esportazione del greggio. L’organizzazione nasce nel 1960 ed è attualmente formata da 14 Paesi membri. Questi stati detengono quasi l’80% delle riserve mondiali di petrolio, nonché importanti percentuali riguardanti i possedimenti di gas naturale.

Lo scopo dell’organizzazione, come quello di ogni cartello, è di regolare l’offerta di greggio e, di conseguenza, gestirne il prezzo. Ovviamente, tagli nella produzione portano ad un incremento del prezzo, mentre l’immissione sul mercato di ulteriori quantità di barili ne provoca un decremento. Come in ogni legge di domanda-offerta, qualora la prima superi la seconda il prezzo aumenta.

Vendendo le proprie scorte di petrolio in cambio di dollari l’OPEC modifica l’offerta di greggio congiuntamente alle oscillazioni del valore della valuta (sul Forex). In altre parole, se il dollaro perde valore i Paesi dell’OPEC diminuiranno la produzione, causando un incremento nel prezzo del petrolio così da rientrare dalle perdite. Tuttavia, la possibilità di gioco è limitata poiché un aumento eccessivo dei prezzi porterà a consumi minori, incentivando fonti alternative di energia e risparmi maggiori.

Ad ogni modo, l’organizzazione ha storicamente avuto successo nell’influenzare il valore del petrolio soprattutto grazie alla grande flessibilità produttiva dell’Arabia Saudita, in grado di aumentare e tagliare le scorte con grande elasticità.

Per capire se oggi conviene investire sul petrolio è necessario fare molta attenzione a cosa succede in questi Paesi.

IL PETROLIO SUL MERCATO: WTI E BRENT

Cercando su internet le quotazioni del petrolio è possibile trovarne due. Nello specifico queste sono:

  1. WTI: L’acronimo sta per West Texas Intermediate. La quotazione fa riferimento ai barili prodotti in precise zone del suolo americano come Texas, Louisiana e North Dakota
  2. Brent: Il Brent proviene dai giacimenti nel mare del Nord, tra le Isole Shetland e la Norvegia. La collocazione geografica ne rende facile ed economico il traporto

L’OPEC usa il Brent come prezzo di riferimento attuale, mentre nel Nord-America è utilizzato il WTI.

I contratti (future) sul WTI sono scambiati al New York Mercantile Exchange (NYMEX), invece quelli sul Brent all’Intercontinental Exchange (ICE) di Londra.

Poiché le incertezze geo-politiche nell’area dei paesi dell’OPEC possono determinare forti oscillazioni di prezzo del Brent, nei periodi di turbolenze nel Medio Oriente la differenza tra il valore dei due greggi può essere rilevante. Il WTI, infatti, è meno colpito da questi eventi in quanto basato sulla produzione in aree ristrette degli USA. Gli Stati Uniti, pur restando un Paese largamente dipendente dall’utilizzo della materia prima, figurano tra i produttori più importanti di petrolio potendo il Nord-America contare su rilevanti giacimenti.

La differenza nel prezzo dei due greggi tende ad essere costante nel tempo, ma fenomeni di qualsiasi natura possono influenzarne la domanda e l’offerta. Pertanto, lo spread nelle quotazioni viene continuamente monitorato dai trader di materie prime, dal momento che i profitti, tramite cambio di strategie di investimento, sono potenzialmente enormi.

ANDAMENTO STORICO: CONOSCERE IL PASSATO PER PREVEDERE IL FUTURO

Durante gli anni ’70 ci furono due grandi crisi energetiche che scossero i mercati globali:

  • La crisi del 1973: In seguito a degli sviluppi bellici riguardanti Israele, l’Egitto e la Siria, i Paesi Arabi dell’OPEC bloccarono le esportazioni di petrolio verso gli Stati dell’Occidente che avevano appoggiato la causa israeliana, tra cui gli Stati Uniti. La conseguenza fu un incremento sensibile della quotazione del greggio che arrivò a più del triplo del valore preesistente. La risposta dei Paesi occidentali fu una allora innovativa ricerca di nuove fonti energetiche, nonché di nuovi approvvigionatori di petrolio. Fu forte l’acquisita consapevolezza della fragilità del sistema produttivo occidentale, vista l’instabilità geo-politica delle aeree appartenenti ai paesi OPEC. Difatti, l’output industriale subì un’importante battuta di arresto soprattutto per quanto riguardò i Paesi europei, essendo gli USA dotati di giacimenti propri
  • La crisi del 1979: Una seconda e forte crisi non tardò a smuovere nuovamente l’economia globale. L’avvenimento scaturente fu la rivoluzione iraniana dello stesso anno, la quale portò al blocco della produzione di greggio nel paese. Solo lo stabilizzarsi dello scenario iraniano e la scoperta di nuovi giacimenti petroliferi esterni ai Paesi dell’OPEC condussero ad una normalizzazione del mercato energetico

La prima conseguenza delle crisi energetiche fu un deciso balzo in avanti della quotazione del greggio. Questo, storicamente, è sempre stato visto come un fattore negativo per l’economia globale, in quanto gli incrementi di prezzo in una delle materie prime più adoperate al mondo per l’output industriale determinano aumenti dei costi.

Nei modelli macroeconomici tradizionali, infatti, costi maggiori del petrolio implicano lo slittamento negativo della curva d’offerta aggregata di beni e servizi e una conseguente contrazione del PIL.

Ciononostante, questi modelli furono formulati in anni dove uno dei nemici principale da combattere era l’inflazione.

Oggigiorno, l’economia è cambiata: il pericolo più incombente degli ultimi anni è stata la deflazione, ossia la diminuzione dei prezzi, che a sua volta porta stagnazione e recessione. I crack finanziari registrati nel primo decennio del nuovo secolo hanno causato un susseguente crollo della domanda aggregata e del PIL. Collassando l’indice della domanda di output industriale e servizi è stato riportato un tendenziale decremento del livello generale dei prezzi, definizione propria della deflazione.

La risposta delle banche centrali di tutto il mondo è stata quella di immettere mostruose quantità di denaro nell’economia (il famoso QE, allentamento quantitativo) e di portare i tassi di interesse vicini allo zero, fenomeno unico nella storia economico-finanziaria.

Difatti, cercare di svalutare la valuta di uno Stato è a tutti gli effetti un tentativo di stimolare l’inflazione, ovvero l’aumento generale del livello dei prezzi. Lo scopo era, ed è ancora anche se in misura minore, quello di ravvivare la domanda così da far ripartire la pesante giostra del sistema economico.

Tutto questo per dire che, mentre in passato i prezzi contenuti del greggio e la diminuzione dell’inflazione rappresentavano eventi positivi per l’economia, negli ultimi anni non è stato così: l’economia e la finanza non sono quelle di 20 anni fa.

Tuttavia, nel 2022 la FED (la banca centrale americana), dinanzi ad un incremento eccessivo dell’inflazione, ha annunciato sia lo stop del QE che alcuni aumenti dei tassi di interesse. Scopriremo nel corso dell’anno s​e ciò sarà un punto di svolta verso il ritorno a modelli di politica monetaria tradizionali.

INVESTIRE SUL PETROLIO: AVVENIMENTI RECENTI

La condizione economica globale odierna ha provocato delle grandi fluttuazioni nella quotazione del greggio. Quando cerchiamo il prezzo del petrolio, Brent o WTI che sia, ciò che troviamo è il valore del contratto future scritto sui barili di greggio ad una determinata scadenza.

I future sono contratti derivati che permettono di puntare sull’andamento di un determinato asset sottostante, ad esempio una materia prima.

Il valore del future WTI a marzo 2020 (da ora in avanti faremo riferimento direttamente al valore del barile) è stato fortemente perturbato dal mancato accordo tra OPEC e Russia sulla produzione di petrolio. L’Arabia Saudita ha dunque intrapreso una strategia aggressiva di vendita basata su maggiore offerta e prezzi fortemente scontati, così portando ad una feroce guerra commerciale e al panico sui mercati con il solo scopo di mettere in difficoltà i produttori di greggio con costi di estrazione nettamente superiori. Nel giro di dieci giorni la quotazione del petrolio è andata da 46$ a 27$ circa.

Dopo un breve consolidamento a questi livelli l’accordo tra Russia e OPEC è stato finalmente trovato tramite intercessione del (ormai ex) presidente degli USA, Donald Trump. Tale accordo prevede il taglio della produzione globale giornaliera di almeno 10 milioni di barili.

Nei giorni successivi di mercato, tuttavia, è diventato palese che il decremento della produzione non è stato sufficiente: la domanda di petrolio è crollata in modo maggiore rispetto all’offerta. La richiesta di greggio, infatti, già fortemente indebolita dalle precedenti preoccupazioni circa l’arresto della crescita globale, è colata a picco a causa degli effetti del lockdown da Covid-19 sul sistema produttivo.

Si è assistito dunque ad un fenomeno unico nella storia del petrolio: il prezzo del greggio è diventato negativo. Questo dovrebbe essere un controsenso logico, in quanto il petrolio è un asset, non una passività. Cionondimeno, l’economia moderna ci dimostra che la differenza può essere meno marcata di quanto si pensi.

Ad esempio, il prezzo dell’energia elettrica riscontra periodi di negatività poiché una volta prodotta, anche se la domanda non sorregge l’offerta, sarà difficile immagazzinarla per un futuro utilizzo. Ancora, chiudere e riaprire un reattore, una centrale o qualsiasi fonte di energia è sicuramente più costoso che affrontare prezzi negativi per un breve periodo. Anche il petrolio soffre della difficoltà di stoccaggio.

Il ruolo più grande è stato giocato dal maggiore detentore di future sul petrolio WTI (che possiede un quarto dei contratti totali), ovvero l’ETF USO (United States Oil). Il fondo è stato bersaglio della speculazione a ribasso di Hedge Fund e investitori sofisticati, i quali hanno continuato a vederne quote allo scoperto beneficiando dei versamenti degli investitori retail. Quest’ultimi, sperando in un rimbalzo del prezzo del petrolio dopo l’accordo OPEC-Russia e le dichiarazioni di Trump, hanno iniettato nel fondo ben 1,6 miliardi di dollari. Come risultato, l’ETF ha registrato una perdita del 39% in una sola sessione di mercato.

I contratti sul petrolio con scadenza maggio 2020 sono precitati velocemente a zero, non essendoci più nessuno che sosteneva il lato “buy”. Quando un contratto ha valore zero perde la sua validità giuridica. Di conseguenza, l’intera produzione di greggio è arrivata al luogo della consegna fisica (in Oklahoma) e le capacità di stoccaggio si sono immediatamente esaurite. Se nessuno vuole il petrolio potrebbe essere un problema trovare un posto dove conservarlo, soprattutto se le cisterne disponibili in America sono già piene.

Tutto ciò ha portato il future con scadenza maggio 2020 ad avere un prezzo ampiamente negativo, -40$ per l’esattezza. Ovviamente, trattandosi di peculiarità di mercato concentrate in finestre temporali strettissime, una volta iniziato il nuovo contratto con scadenza giugno 2020 la quotazione è tornata sopra lo zero.

INVESTIRE IN PETROLIO OGGI: LE NOSTRE PREVISIONI

Come prospettive future di breve periodo prevediamo che il mercato petrolifero sarà caratterizzato da oscillazioni di prezzo più o meno moderate.

Le quotazioni toccate nel 2020 sono state ridicolmente basse. Tuttavia, la diffusione del vaccino contro la pandemia dà l’impressione di aver stabilizzato il settore del greggio, riportando in alto il prezzo nella seconda metà del 2021 (82$ per il WTI a gennaio 2022. Ciò si riscontra anche nell’aumento di inflazione registrato in questi mesi). Possibili ulteriori scenari di rialzo non sono da escludere (soprattutto quando la produzione globale riprenderà a ritmo più sostenuto), ma è altrettanto vero che nuovi crolli possano nascondersi dietro l’angolo viste le incertezze del periodo storico. 

In un’ottica di lungo periodo, pur rimanendo l’importanza dell’andamento del petrolio come variabile fondamentale dell’economia mondiale, sembrerebbe che un numero crescente di aziende si stia orientando verso lo sviluppo di modelli energetici alternativi e sostenibili.

Il lockdown da Covid-19 ci ha insegnato come la natura possa facilmente riprendersi i suoi spazi e quanto ne abbia bisogno. Da decenni varie agende sono state pensate ed attuate per ridurre le emissioni di agenti inquinanti nell’atmosfera e nei mari. Sfortunatamente, la strada da percorrere è ancora lunga, ma la responsabilità sociale delle aziende è un tema scottante per le realtà odierne, soprattutto in determinati Stati. Un esempio virtuoso di questa tendenza al cambiamento è rappresentato dall’Irlanda, dove un fondo sovrano ha ceduto tutti i suoi investimenti in carbone e petrolio.

Il mercato finanziario, anche se in modo discontinuo, guarda al futuro e all’innovazione.

Nomi interessanti del settore energetico distaccato dal petrolio sono senza dubbio Enel e NextEra Energy.

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COME INVESTIRE NEL PETROLIO

Per quanto riguarda il come investire nel petrolio esistono vari strumenti tra i quali è possibile scegliere:

  • CFD
  • ETF
  • Titoli azionari legati al greggio, ossia azioni di società il cui business è basato sul petrolio

Tenete ben presente che tramite le piattaforme di trading online è possibile puntare sia a favore che contro l’andamento del petrolio a seconda delle vostre preferenze di investimento.

Di seguito analizzeremo uno ad uno i 3 principali strumenti per investire in petrolio.

INVESTIRE IN CFD SUL PETROLIO

I CFD (Contratti Per Differenza) sono strumenti finanziari il cui valore dipende dal relativo asset.

Il CFD sul petrolio è scritto sul future del petrolio, il quale ne determina l’andamento: se il prezzo del future sale altrettanto farà il CFD e, viceversa, se il valore del future scende allora diminuirà anche il prezzo del CFD.

I vantaggi di investire sul petrolio tramite CFD sono principalmente due:

  • Potete vendere allo scoperto. I CFD sono uno strumento molto versatile che permette sia puntare al rialzo (si ha un guadagno quando il prezzo dell’asset aumenta) che al ribasso (avrete un profitto qualora il prezzo dell’asset diminuisca). Senza i CFD vendere allo scoperto non sarebbe così semplice
  • Si può utilizzare la leva finanziaria. L’utilizzo della leva finanziaria consente di riscontrare profitti significativi pur investendo una capitale ridotto, essendo un moltiplicatore delle performance del trade. Ovviamente, la leva comporta anche rischi maggiori, quindi è importante che capiate bene il funzionamento prima di investire. Usando i circuiti di qualità per fare trading potrete optare per diversi livelli di leva (pure il X1 che, difatti, elimina l’effetto moltiplicativo della posizione)

» Consultate la nostra guida ai CFD per una maggiore comprensione dello strumento «

Utilizzare i CFD (grafico sottostante) risulta senza dubbio l’opzione migliore per tutti quei trader desiderosi di investire in petrolio in maniera diretta così, ad esempio, da cavalcare un brusco e repentino cambiamento dei prezzi.

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Con le giuste tempistiche è possibile seguire un forte trend di mercato, sia rialzista che ribassista, e sfruttare la leva finanziaria per ottenere risultati considerevoli.

Per provare a prevedere l’andamento odierno e futuro del petrolio fate particolarmente attenzione alle news (notizie live in real time) geo-politiche di eventuali accordi USA-Russia-OPEC e alle dinamiche del sistema economico globale, specialmente per quanto riguarda la previsione dell’output industriale.

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INVESTIRE IN ETF SUL PETROLIO

Gli ETF sono fondi d’investimento a gestione passiva e, come accade per tutti i fondi comuni, quando si acquista un ETF è come se si acquistasse un insieme di titoli.

La performance dell’ETF sarà dunque il risultato di tutti i singoli titoli che compongono il fondo.

Il principale vantaggio degli ETF è un’efficace diversificazione dell’investimento che permette di ridurne la rischiosità esponendosi su molteplici titoli piuttosto che solo ed unicamente sul petrolio.

Diversificare è una buona regola da seguire per tutti gli investitori in generale, ma risulta ancora più importante per quelli che, avendo una conoscenza non particolarmente approfondita dei mercati, rischiano di esporsi troppo su asset di cui non conoscono a fondo le caratteristiche finanziarie e i fondamentali economici.

Invece, investire in ETF sul petrolio fornisce una soluzione semplice per chiunque desideri puntare sulle performance del greggio senza acquistare solo ed esclusivamente la commodity.

Questi fondi sono composti sia da azioni di compagnie legate alla materia prima che da contratti derivati che ne tracciano il prezzo.

» Leggete il nostro articolo “Investire in ETF” per conoscere tutti i vantaggi di questo strumento «

Per quanto riguarda la scelta dell’ETF, il fondo USO è uno dei più famosi ETF incentrati sul petrolio e dovrebbe essere sicuramente il punto di partenza di ogni trader interessato a questo tipo di investimento.

Questo tipo di operazione è adatto sia per investimenti a breve termine che per un periodo medio-lungo.

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Il 79% degli account degli investitori retail presso questo provider perde denaro con il trading di CFD. Dovresti dunque valutare se puoi permetterti di assumere il rischio di perdere i tuoi soldi.

INVESTIRE IN TITOLI LEGATI AL PETROLIO

I titoli legati al greggio sono ovviamente quelli delle compagnie che utilizzano la materia prima nel proprio business. Esempi di queste azioni sono Eni e Total.

Quando si sceglie di investire in titoli piuttosto che direttamente nel petrolio si sta optando per un approccio meno aggressivo, in quanto le compagnie riportano periodicamente progetti, obiettivi, ricavi e utili di esercizio e, per la loro natura di attività produttiva fisica, sono soggette ad una serie di valutazioni economiche differenti.

Infatti, qui non entrano in gioco solamente i fattori sistemici che regolano il prezzo del petrolio a livello mondiale, ma anche gli specifici della gestione aziendale di ogni singola realtà.

L’investimento in titoli è particolarmente consigliato per coloro che vogliono investire nel mondo del petrolio in maniera più cauta o, in alternativa, che reputano particolarmente valida una determinata azienda che opera nel settore.

» Leggete la nostra guida su come investire in azioni per scoprire come valutare un’azienda «

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DOVE INVESTIRE SUL PETROLIO

Per poter investire in petrolio avrete bisogno di registrarvi alla piattaforma di trading di uno dei vari broker presenti online. 

» Quali sono le migliori piattaforme di trading? «

Le caratteristiche che ciascun broker che si rispetti deve soddisfare sono: 

  • La dotazione delle licenze necessarie per lavorare legalmente in Europa (CySEC, Amf, FCA, etc.) 
  • Qualità degli strumenti scambiabili. Generalmente, i broker offrono CFD scritti sugli asset più comunemente negoziati. I CFD sono strumenti derivati con leva che permettono di investire sia a ribasso che a rialzo e, pertanto, consentono di guadagnare in ogni contesto di mercato 
  • Cura dell’utenza. Ovviamente, i servizi disponibili sono da intendere positivamente qualora apportino un valore aggiunto alla piattaforma 

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CONCLUSIONI SULL’INVESTIRE IN PETROLIO

L’utilizzo del petrolio come fattore produttivo globale fa sì che l’andamento borsistico del greggio sia fortemente influenzato dalle fluttuazioni del ciclo economico.

La quotazione della materia prima tenderà ad aumentare quando l’output globale è in espansione, mentre il contrario varrà per periodi storici caratterizzati da recessione e depressione industriale.

Occhio tuttavia alle imprese e ai Paesi virtuosi i quali, avendo l’obiettivo di diminuire la dipendenza dal greggio, tendono sempre più a sposare la causa ambientalista e a vertere dunque verso fattori produttivi ecologici e meno inquinanti.

Questo fenomeno potrebbe in un futuro prossimo mettere in discussione la centralità del petrolio come indicatore economico globale e, di conseguenza, influenzarne pesantemente la valutazione.

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